Marco Pannella ospite alla RAI? Impossibile, sarà stato un ologramma |
Ieri sera, a mezzanotte, Marco Pannella ha deciso di sospendere lo sciopero della sete dopo quattro giorni. Ma continua quello della fame, che dura ormai da più di due mesi.
La scelta di interrompere la parte più dura della sua "lotta nonviolenta perché l'Italia torni a potere in qualche misura essere considerata una democrazia" (lotta, e non "protesta" come ci tiene giustamente a sottolineare) è avvenuta perché ha visto forse muoversi qualcosa, perché politici e media hanno rotto il silenzio e si sono interessati, seppur per poco e forse per finta, alla sua questione e, soprattutto, per rispetto verso l'interlocutore al quale si è sempre rivolto nei suoi messaggi e videomessaggi in queste settimane: il Presidente della Repubblica Napolitano. Che ieri gli ha scritto una lettera.
Belle parole. Qualcuno c'ha anche visto un'implicita candidatura futura come senatore a vita.
Ma va beh, rimaniamo sulla terra: perché, ancora una volta, Pannella ha scelto il digiuno?
E qual è l'esatto obiettivo della sua lotta nonviolenta?
Beh, il digiuno è l'unica arma con la quale Pannella, da anni, riesce a farsi un minimo ascoltare, per puntare l'attenzione dell'opinione pubblica su alcune questioni solitamente ignorate dalla politica e dai media. Per dire, quest'anno su oltre 1300 apparizioni di politici in programmi televisivi di "approfondimento" il leader radicale è stato invitato, indovinate?, sì, zero volte. Programmi che spesso e volentieri trattano argomenti anche ridicoli (tipo ministeri da spostare). Per questo motivo martedì sera, durante la messa in onda di Ballarò, un gruppo di radicali ha proiettato fuori dagli studi della RAI un videomessaggio di Pannella (vedi foto in alto), che in sette minuti scarsi riassumeva la sua denuncia.
L'oggetto è lo stato in cui si trova la democrazia in Italia, testimoniato anche dall'aberrante situazione in cui si trovano le carceri italiane e i detenuti che le affollano. Alcune cifre: più di 70mila detenuti per 40mila posti di capienza complessiva, una media di 2,5 metri quadrati di spazio in cui vivere e, solo nel 2010, ben 63 suicidi avvenuti in cella. Inoltre una gran parte di chi è dietro le sbarre è ancora senza una sentenza definitiva, in attesa della fine del processo.
Una democrazia si dovrebbe valutare dalle condizioni in cui vivono tutti i cittadini, anche se carcerati. Mentre spesso per questi ultimi tutte le norme internazionali sui diritti umani vengono violate.
Ma senza spingersi troppo in là nel diritto comunitario, basta solo dare un'occhiata, anche in questo caso, alla nostra vecchia e cara Costituzione, che afferma come la detenzione debba essere non solo punitiva ma anche reintegrativa per quei soggetti che dovranno poi essere riaccolti nella società civile. Beh, reintegrare così non proprio è possibile.
La soluzione che propone Pannella può apparire drastica, cioè un'amnistia per coloro che hanno commesso reati meno gravi.
Però, pensiamoci, non sono amnistie coatte anche le oltre 200mila prescrizioni che ci sono ogni anno, e delle quali beneficiano solo coloro che possono permettersi migliaia di euro di spese legali e gli avvocati più bravi? È davvero giusto che le carceri siano le discariche della società, popolate da immigrati clandestini, tossicodipendenti e rifiuti umani vecchi e malati?
Ma anche se si è contrari a forme di amnistie o indulto, il problema rimane e va discusso. E magari risolto.
Pannella poi non chiede un'amnistia fine a sé stessa, una sorta di bomba libera tutti legalizzata, ma una misura mirata e accompagnata ad una riforma reale della giustizia, che garantisca tempi dei processi giusti e depenalizzi alcuni reati francamente incomprensibili, come quelli che scaturiscono da leggi mal studiate e mal scritte tipo la Bossi-Fini sull'immigrazione, o leggi assurde come la Giovannardi-Fini sul possesso di stupefacenti.
C'è da dire che stavolta il leader radicale non è stato totalmente da solo nella lotta: quasi 15mila persone hanno aderito alla sua iniziativa, tra detenuti, agenti di polizia penitenziaria, psicologi carcerari, avvocati, magistrati e cittadini comuni.
Chi è vicino al problema afferma quanto sia grave la situazione e quanto sia importante che la voce del leader radicale venga ascoltata per davvero e che non cada, tra qualche giorno, di nuovo nell'oblio.
Comunque, tra i tanti politici che gli hanno fatto visita nella clinica dov'era tenuto sotto osservazione, alcuni seriamente preoccupati, altri in cerca come al solito di un po' di visibilità, c'è stato anche il ministro della giustizia Alfano, che gli ha detto chiaramente che l'aspetto legato alle carceri è forse il più serio della situazione della giustizia italiana. Peccato che il governo in questi mesi non abbia minimamente toccato l'argomento, ma la sua azione per "riformare in modo epocale la giustizia" sia coincisa unicamente col cavare dagli impicci un solo individuo, che sicuramente non ha problemi di spazio vitale e di aria respirabile nelle sue dimore.
Infine è ironico che per un casuale gioco di ombre durante la proiezione del videomessaggio fuori dalla RAI, Pannella sembrava che parlasse da dietro delle sbarre.
(Di seguito il testo integrale della lettera di Napolitano, del quale mi sono permesso di sottolineare alcuni passaggi.)